Neanche i Compact Disk durano all'infinito



Alla fine degli anni '80, quando iniziarono ad uscire i primi Compact Disk audio, le ditte costruttrici garantivano una qualità del suono molto superiore ai vecchi supporti magnetici o in vinile ed una garanzia di durata di oltre cent'anni. In fin dei conti la lettura dei CD avviene otticamente, con un sistema senza il minimo contatto fisico e quindi senza usura dovuta ad attriti, ed in più il materiale utilizzato è per lo più plastica, quindi un materiale con tempi di degradazione altissimi (oltre i 100 anni). Praticamente ognuno avrebbe potuto continuare ad ascoltare il CD acquistato per il resto della propria vita senza problemi.

Con gli anni, però, sono venuti fuori diverse debolezze: mai lasciarli al sole, mai lasciarli in luoghi troppo umidi, ecc. Tutte cose che però potevano essere controllate con un po' di attenzione.

Quindi con un po' di attenzione si può conservare musica e dati all'infinito? Purtroppo no. Nei primi anni del nuovo millennio, ecco il colpo di scena, una notizia data in Italia addirittura da alcuni telegiornali nazionali: tra gli strati in plastica di un CD c'è la possibilità che riesca a proliferare un particolare fungo, che spargendosi per la superficie arriva a rendere il supporto ottico completamente inutilizzabile. Questo si poteva verificare anche nel giro di una ventina d'anni dall'incisione del disco.



Ecco qui alcune foto di uno dei miei CD incappati in questa “brutta bestia”.





Purtroppo, data la difficoltà tecnica di fotografare una superficie riflettente con il macro, le foto non rendono appieno l'idea della superficie. Il CD in questione è comunque conservato gelosamente qui a casa mia, dato il fatto che penso che sia uno dei primi al mondo incappato in questo difetto, poiché ancora non passano vent'anni dall'uscita di questo sistema a lettura laser.



Un approfondimento sui limiti dei nuovi supporti digitali lo potete trovare qui.



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